La storia di Sara Goldfinger e dei bambini di Bullenhuser Damm

La storia di Sara Goldfinger
e dei bambini di Bullenhuser Damm

di Alberta Bezzan


Alberta Bezzan
, uno dei soci fondatori di Tracce, da anni collabora con Fondazione CDEC, Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano per il quale compie ricerche per dare un nome ai tanti ebrei scomparsi nei campi di sterminio senza che di loro si trovassero notizie precise di identificazione.
La storia raccontata qui di seguito è quella dell’ultimo ritrovamento di Alberta.

«Bullenhuser Damm è il nome di una strada nel quartiere Rothenburgsort di Amburgo. In quella strada c’è una scuola per l’infanzia, che ormai è diventata triste sinonimo delle atrocità della Shoah.
Ciò che accadde ai venti bambini di Bullenhuser Damm è noto fin dal marzo 1946, quando ad Amburgo il Tribunale Militare britannico, insediatosi dopo la guerra, diede inizio al processo nei confronti di quattordici ufficiali nazisti accusati di crimini nel campo di concentramento di Neuengamme. Degli imputati, undici erano presenti in tribunale, tre di loro invece erano latitanti. Io ho conosciuto la storia nel 2015 quando ho iniziato a collaborare con il CDEC, Centro Documentazione Ebraica Contemporanea.

Uno degli imputati, Johann Frahm, raccontò ciò che accadde ai bambini.
Il dottor Kurt Hessmeyer era un medico pneumologo che svolgeva ricerche sulla tubercolosi; per i suoi esperimenti aveva deciso di utilizzare cavie umane, scegliendo le sue vittime tra i deportati dei campi di concentramento.
A Neuengamme chiese, dopo aver condotto le sue ricerche su alcuni adulti, prigionieri sovietici e di altre nazionalità, anche venti bambini, dieci maschi e dieci femmine, per poter continuare a operare su soggetti diversi.
Nel novembre 1944, venti bambini, scelti da Josef Mengele nella cosiddetta baracca dei bambini di Auschwitz, vennero trasferiti dalla Polonia ad Amburgo. Avevano età comprese fra i 5 e i 12 anni: due di loro erano francesi, due olandesi, un italiano, uno slovacco e quattordici polacchi. Tutti furono infettati e si ammalarono di tubercolosi.
Nell’aprile 1945 l’esercito inglese si stava avvicinando ad Amburgo, di conseguenza il campo di Neuengamme fu evacuato. Il 20 aprile i bambini vennero portati a Bullenhuser Damm, una scuola elementare della città. Qui furono uccisi e i loro corpi riportati a Neuengamme, dove vennero cremati.
Il processo del 1946 si concluse con la condanna a morte degli undici imputati presenti, che furono giustiziati nell’ottobre dello stesso anno.
Fra di loro non compare Kurt Hessmeyer che alla fine della guerra aveva trovato rifugio nella Germania Est, a Magdeburgo, sua città d’origine, in cui aveva continuato per anni a esercitare la professione medica, mantenendo la qualifica di specialista in malattie polmonari. Rintracciato nel 1959, soltanto nel 1966 verrà condannato all’ergastolo, morendo in carcere l’anno successivo.

Dal 1946 si deve aspettare il 1978 perché tutta questa vicenda diventi di dominio pubblico.
Nel 1978, infatti, il giornalista tedesco Günther Schwarberg si mise sulle tracce di un altro dei colpevoli non presenti al primo processo, Arnold Stripper (la cui storia giudiziaria, densa di condanne, assoluzioni in appello e richieste di risarcimento, che incredibilmente riuscì a ottenere, meriterebbe un capitolo a parte, esemplare nel mostrarci le disfunzioni e le incomprensibili decisioni che accompagnano universalmente la gestione della giustizia), e raccontò l’intera storia sul giornale Stern.
Con la sua ricerca, Schwarberg riuscì a rintracciare numerosi parenti dei bambini, e in seguito ottenne che nella scuola di Bullenhuser Damm fosse creato un memoriale, inoltre che vie e giardini di un quartiere di Amburgo fossero intitolati con i nomi dei bambini.
Günther Schwarberg è deceduto nel 2008.

Alcuni dei venti bambini sono stati identificati con relativa facilità, una volta ricostruita la loro storia attraverso i ricordi dei parenti. Sono state ritrovate fotografie del periodo precedente alla guerra, fotografie normali in cui apparivano, sorridenti e felici.
I loro nomi erano:

– Eduard (nato nel 1933) e Alexander (1936) Hornemann, olandesi;

– Georges André Kohn (1932) e Jacqueline Morgenstern (1932), francesi;

– Sergio De Simone (1937), italiano;

– Walter Jungleib (1932), slovacco, rintracciato nel 2015;

– Mania Altman (1938), Rivka Herzberg (1938), Marek James (1939), Lea Kligerman (1937), Bluma Merkel (1934), Eduard Reichenbaum (1934), Marek Steinbaum (1937), i fratelli Roman (1938) e Eleonora (1939) Witonski, Ruchla Zylberberg (1936), polacchi.

Fino a oggi, all’appello mancano quattro bambini, identificati con nomi forse non corretti, probabilmente di nazionalità polacca, ovvero:

– H. Wassermann (bambina, 1937) e R. Zeller (bambino, 1933): per loro non abbiamo ancora un nome, ma solo un’iniziale;

– Lelka Birnbaum (1933);

– Surcis Goldinger (anno di nascita incerto, 1934/1935).

La mia ricerca si è concentrata su Surcis Goldinger, l’unica tra i quattro di cui si sappia qualcosa in più.

Nel 1949, International Tracing Service (ITS) ha comunicato a Rose Grumeline Witonska, sopravvissuta e madre di Roman e Eleonora Witonski, che la bambina identificata come Surcis Goldinger era probabilmente arrivata ad Auschwitz il 3 agosto 1944 con un trasporto giunto da Ostrowiec, cittadina del sud della Polonia.
ITS ha indicato anche il numero di immatricolazione (ovvero il tatuaggio che veniva fatto ad Auschwitz ai prigionieri ebrei) corrispondente alla bambina, A-16918.
Sul database di ricerca delle vittime di Yad Vashem, i deportati di Ostrowiec sono migliaia, ma non compare alcun Goldinger; anche il nome proprio, Surcis, suona alquanto improbabile.
Così mi sono chiesta: qual è il cognome più affine foneticamente a Goldinger, che sia presente e che io stessa abbia trovato tra i deportati da Ostrowiec? La risposta è Goldfinger. E il nome proprio Surcis, seguendo il medesimo ragionamento, potrebbe essere stato Sura, un vezzeggiativo per dire Sara?
Una bambina che si chiamava Sara Goldfinger è presente su Yad Vashem, e per lei ha inviato una scheda uno zio. Questa testimonianza risale ormai a quasi sessant’anni fa, purtroppo lo zio non ne specificava l’età.
Durante un soggiorno in Polonia, nell’estate 2019, mi sono recata a Ostrowiec, all’ufficio dello stato civile. Mi sono avvalsa dell’aiuto e della complicità di due amici che mi hanno accompagnato, e dell’indispensabile e preziosa disponibilità di una signora, incontrata casualmente nell’ufficio comunale, che ha svolto il ruolo di interprete.
Sono in tal modo venuta a conoscenza che la legge polacca prevede siano passati cent’anni anni dalla morte del soggetto su cui si vogliono svolgere ricerche, a meno che non si sia parenti in linea ascendente o discendente diretta.
Qualche settimana dopo il rientro in Italia ho ricevuto una lettera da Marek, l’impiegato comunale polacco di Ostrowiec al quale avevo lasciato il mio recapito, nella speranza di ricevere qualche indicazione in più. Mi ha scritto che purtroppo, a norma di legge, non mi poteva rivelare nulla riguardo Sara Goldfinger, nata a Ostrowiec nel 1934. Ovvero: senza dirmi niente, in realtà mi aveva svelato l’informazione più importante, l’anno di nascita.
Quella data è un indizio preciso, una piccola aggiunta che confermerebbe la mia ipotesi. Ulteriori ricerche, svolte partendo da queste premesse,mi hanno permesso di ricostruire l’albero genealogico della famiglia Goldfinger di Ostrowiec.
Sara Goldfinger figlia di Izak e Hadassa Minczberg aveva una sorella di Nome Chava probabilmente deportata insieme a lei. Sappiamo che Izak e Hadassa furono deportati e uccisi nel 1942, le bambine rimasero probabilmente con degli zii, Izak aveva sei fratelli.

Lo scorso maggio sono riuscita ad ottenere dal Municipio di Ostrowiec, grazie all’intervento determinante dell’Ambasciatore italiano a Varsavia, Aldo Amati, il certificato di nascita di Sara nata a Ostrowiec il 20 settembre 1933. Il suo certificato di nascita è stato protocollato nel 1934. La sorella di Sara, Chava, era nata nel 1930.
La storia aggiornata di Sara Goldfinger è stata pubblicata nell’ultima edizione di “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti…” di Maria Pia Bernicchia per Proedi editore.
Io non so ancora, e non so se mai si potrà appurare con assoluta certezza, se Sara Goldfinger e Surcis Goldinger fossero la stessa persona.
In ogni caso, avremmo dato forma e nomi alla vicenda della famiglia di Sara Goldfinger, famiglia interamente sterminata, con le uniche eccezioni degli zii Chaim Eliezer testimone su Yad Vashem e Moses nato il 20 gennaio 1912 deportato insieme a Sara e sopravvissuto a Auschwitz e liberato a Mauthausen.
Una goccia nel mare».